Si è finalmente pronunciato il CGS del CONI in merito alla partita Palermo-Frosinone valida come play-off per l’accesso in serie A.
Si tratta di una decisione che farà certamente discutere poiché modifica quanto deciso nei precedenti gradi di giudizio, in maniera così profonda da rimettere in discussione, purtroppo solo in linea di principio, l’esito dello scontro valido per la promozione nella massima serie.
Premesso che l’organo supremo di garanzia ha trattato, riunendoli, tre differenti ricorsi promossi dal Palermo (i primi due) e dal Frosinone (il terzo) avverso le sentenze emesse dalla Corte Sportiva d’Appello a Sezioni Unite FIGC (decisione pubblicate sul CU n. 172/CSA del 27.6.2018) e dalla Corte Sportiva d’Appello FIGC (decisione pubblicate sul CU n. 1/CSA del 5.7.2018) vale la pena rimarcare alcuni passaggi della sentenza in esame il cui testo integrale è reperibile al seguente link.
Il CGS ha rilevato l’erroneità delle decisioni con le quali la Corte Sportiva d’Appello e la Corte Sportiva d’Appello a Sezioni Unite, in parziale riforma della decisione emessa dal Giudice Sportivo presso la LNP Serie B, hanno comminato al Frosinone l’ammenda di € 25.000,00 e la squalifica del campo per due giornate di gara con obbligo di disputare le stesse in campo neutro e a porte chiuse.
Ed invero, entrambe le decisioni, intervenute la prima in seguito a ricorso del Frosinone (che chiedeva una riduzione della sanzione applicata dal Giudice Sportivo) e la seconda sulla base del gravame interposto dal Palermo (che, al contrario, chiedeva un inasprimento della sanzione disposta dal medesimo Giudice Sportivo) sono state censurate e, conseguentemente, annullate, a causa della manifesta contraddittorietà contenuta nella parte motiva rispetto alla decisione finale assunta.
Il giudice di legittimità ha rilevato, infatti, che sia la Corte Sportiva d’Appello a Sezioni Unite (decisione del 26 giungo 2018) sia la Corte Sportiva d’Appello (decisione del 5 luglio 2018) hanno applicato una sanzione al Frosinone del tutto incongruente con l’accertata violazione al Codice di Giustizia Sportiva FIGC.
Le decisioni di secondo grado pur definendo il comportamento tenuto da tesserati e sostenitori del Frosinone di notevole gravità e violativo dei principi cardini dell’ordinamento sportivo (e cioè valorizzazione del merito, lealtà, probità e sano agonismo), hanno riconosciuto la tenuità dei fatti, irrogando una sanzione non congruente.
Ed invero, le sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva della FIGC inerenti la disputa delle gare, sono disciplinate dall’art. 17 che fornisce sanzione precisa a condotta precisa ed individuata. Pertanto, poiché secondo i giudici di secondo grado, le condotte censurate dei tesserati e dei sostenitori del Frosinone, “hanno comunque interferito con la normale e fisiologica effettuazione della gara medesima”, a Giudizio del CGS non poteva che essere applicato il disposto di cui al richiamato art. 17 del CGS il cui comma 1 sanziona le società ritenute responsabili, anche oggettivamente, di fatti o situazioni che abbiano influito sul regolare svolgimento di una gara o che ne abbiano impedito la regolare effettuazione, con la perdita della gara con il punteggio di 0-3.
Non è stato ritenuto corretto, quindi, quanto deciso dai giudici di secondo grado i quali, pur avendo accertato come gravissimi e violativi dei principi generali dell’ordinamento sportivo i fatti posti in essere dagli incolpati, hanno applicato una sanzione non coerente con quanto affermato e descritto. Ciò, soprattutto, nel rilievo che la gara in questione non era di campionato, ma di play off, sicché il rigore sanzionatorio doveva essere ancor più stringente atteso che l’alterazione comporta la perdita di una partita che vale un intero campionato.
Purtuttavia il CGS ha evidenziato che le sanzioni da applicare non possono essere inflitte su situazioni già cristallizzate, ma debbono essere scontate ed inflitte nella stagione corrente sicché al Giudice del rinvio non resterà che adeguarsi irrogando la sanzione corretta e coerente con le norme esistenti e nel rispetto del principio di valorizzazione del merito sportivo che si conquista sul campo e in linea con le condotte evidenziate.
Il Collegio, infine, ha censurato anche il diniego fatto dalla Corte Sportiva d’Appello di acquisire le immagini della gara evidenziando che, contrariamente a quanto affermato dal giudice di secondo grado, l’art. 35 del CGS FIGC non contiene ipotesi tassative per le quali è prevista tale possibilità. Ciò anche perché lo scopo del Giudice sportivo deve essere quello di favorire in ogni modo l’accertamento della verità e, soprattutto, l’individuazione di fatti che ben possono sfuggire al direttore di gara o agli ispettori di campo, soprattutto se commessi fuori dal terreno di gioco o lontano da un a azione di gioco.
La decisione del CGS appare particolarmente interessante oltre che condivisibile.
Purtroppo, però, rimane il fatto che una squadra, il Palermo, risulterà comunque enormemente penalizzata, non potendo disputare il campionato di serie A, con notevoli ripercussioni anche sotto il profilo del danno economico.
E’ evidente che il caso in esame doveva trovare una soluzione in tempo utile affinché alla compagine siciliana venisse garantita giustizia sostanziale oltre che formale.